La prima associazione nazionale degli istituti di credito italiani nasce a Milano il 13 aprile 1919. In quell'occasione, i rappresentanti di 53 banche deliberano la costituzione dell'Associazione bancaria italiana, approvandone lo statuto. L'atto è il risultato finale di anni di graduale avvicinamento tra i singoli istituti di credito e con l'impulso determinante del ministro del Tesoro, Francesco Saverio Nitti, che già il 29 giugno 1918 era riuscito ad ottenere un primo accordo sull'attività bancaria fra le quattro maggiori banche italiane (Banca commerciale italiana, Credito italiano, Banca italiana di sconto, Banco di Roma). Sono proprio questi istituti, rappresentati rispettivamente da Giuseppe Toeplitz, Carlo Orsi, Angelo Pogliani e Renato Angelici e sotto l'abile coordinamento dell'avvocato ed economista Giuseppe Bianchini, a costituire, nell'autunno 1918, il comitato promotore dell'ABI e la vera e propria spina dorsale della nuova associazione.
In base allo statuto essa si prefigge di favorire l'ordinato sviluppo del movimento finanziario e bancario nazionale, patrocinare gli interessi della classe bancaria, curare l'interpretazione e l'informazione relative ai provvedimenti legislativi di carattere fiscale e bancario, favorire l'incremento della cultura e della tecnica bancaria e stabilire rapporti con le analoghe associazioni estere.
L'Associazione presenta una struttura settoriale non federativa, ma collaborativa, e sostanzialmente democratica, fra gruppi di soci anche molto diversi tra loro, come si evince dal loro raggruppamento per tipologia in cinque sezioni (istituti di credito cooperativi, istituti di credito ordinari con capitale superiore ai 30 milioni di lire, istituti di credito ordinari con capitale inferiore ai 30 milioni di lire, casse di risparmio e monti di pietà, ditte bancarie private). I suoi organi decisionali sono l'Assemblea generale (composta da tutti i soci), i consigli di sezione (uno per sezione, composti da cinque rappresentanti dei soci della sezione), il Consiglio generale (ovvero i consigli di sezione riuniti, che nomina presidente e due vicepresidenti), il Collegio dei probiviri (composto da cinque membri con il compito di dirimere le controversie tra soci).
La sede, inizialmente stabilita a Roma, viene ben presto fissata a Milano (in via dei Meravigli 14) sia per la sua preminenza per le attività bancarie, monetarie e borsistiche, a poca distanza dalla Borsa e dalle sedi milanesi della Banca d'Italia e degli altri maggiori istituti di credito, sia per assicurare libertà e autonomia dal potere politico centrale. Un ufficio di rappresentanza a Roma viene comunque istituito.
Per tutto il periodo di esistenza dell'ente, figure chiave ne sono il presidente, Luigi Della Torre, banchiere, imprenditore e senatore del regno, i vicepresidenti Alfredo Bruchi, provveditore del Monte dei Paschi di Siena, e Vittorio Carlo Vitali, prima direttore del Credito commerciale e poi amministratore delegato del Banco di Roma, ma soprattutto il direttore generale Giuseppe Bianchini.
Sotto quest'ultimo l'ABI assume ben presto un importante ruolo nel panorama economico e politico sia italiano, come attestano: il crescente numero delle associate (salito a 175 nel 1925), gli interventi in occasione dei primi progetti e provvedimenti legislativi per la riforma del Codice di commercio, per la redazione di una legge bancaria nazionale e per il riordino delle Borse valore, il suo pieno appoggio alle politiche di risanamento finanziario del ministro delle Finanze e del Tesoro, Alberto de' Stefani. Anche in ambito internazionale, l’ABI fornisce contributi fattivi in seno alla Commissione per l'esecuzione dei trattati di pace, alla Camera di commercio internazionale e al Comitato finanziario della Società delle nazioni, nonché con le sue proposte per la tutela dei portatori italiani di titoli esteri.
Rilevante anche l'attività in campo culturale, con la redazione di un periodico mensile di argomenti finanziari, economici, bancari e tributari, il «Bollettino economico-finanziario», edito dal 1920 e rinominato l'anno successivo «Rivista Bancaria», con intervento di banchieri ed economisti del rango di Luigi Einaudi, Raffaele Mattioli, Giuseppe Prato.
Il proposito di garantire una netta separazione tra questioni sindacali e il settore tecnico-economico-finanziario, se da un lato consente all'ABI di promuovere con largo anticipo la costituzione di diverse associazioni sindacali nel mondo creditizio, dall’altro la costringe a constatare l'impossibilità di una sua esistenza all'indomani dell'emanazione della legge 3 aprile 1926, n. 563 sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro. Il 13 aprile 1926 l'ultima assemblea dell'Associazione approva quindi con voto unanime l'aggregazione dell'ABI alla nascente Confederazione generale bancaria fascista.
Presidente:
Luigi della Torre (1919 mag. 10 - 1926 mag. 9).