Data di costituzione: 16 gennaio 1918
Data di fallimento: 13 giugno 1927
Altre denominazioni
“Fondamenta gettate nella sabbia“ era il titolo dato ad un trafiletto all'interno di un articolo dedicato al fallimento della Banca Popolare Italiana. Una vicenda che troverà parecchio spazio sulla stampa del periodo sia per l'entità del deficit valutato vicino ai 18 milioni, sia per le migliaia di persone coinvolte. La banca torinese era stata fondata nel gennaio del 1918 per aiutare specialmente i proprietari fondiari ma, fin dai primi tempi, la gestione era apparsa confusa, le spese sempre superiori ai profitti con una perdita che alla fine del 1921 si avvicinava alle 300.000 lire. Sul finire del 1922, l'arrivo del faccendiere Ettore Zoccola, prima nominato direttore e poi presidente, avrebbe aggravato una situazione già molto complicata. Nel febbraio del 1923 veniva decisa la trasformazione in anonima ma, in pratica, la nuova società ereditava tutti i debiti della precedente cooperativa che ormai superavano i 2 milioni di lire. Nei due anni seguenti, continuarono a nascere diverse succursali nel nord Italia ma senza particolare costrutto. Il nuovo amministratore si segnalava per diverse gratifiche auto elargite, per distrazioni di discrete somme di denaro e per una serie di combinazioni commerciali scombinate e non certo a vantaggio della società. Nel febbraio del 1926, lo Zoccola annunciava le sue dimissioni in quanto aveva bisogno di recarsi all'estero, da dove spedì qualche lettera: i rapporti tra lui e la banca cessarono del tutto. In sede, rimase il complice VIttorio Arietto autore di altre malefatte prima di darsi alla fuga insieme alla sua famiglia anche lui in Francia. Nella primavera del 1926, prima la vicenda del mancato acquisto di diritti di derivazioni d'acqua dal Consorzio Idroelettrico Alpi Cozie, poi diverse perdite accumulare in acquisti e cessioni di immobili e proprietà terriere. Alla fine dell'estate del 1926, i due amministratori erano al sicuro tra Parigi e la Costa Azzurra mentre si scopriva che anche il noto finanziere Prospero Pescarmona era debitore della Banca Popolare Italiana per due milioni di lire. Nel gennaio del 1927, il nuovo Consiglio di amministrazione non poteva fare altro che chiedere al Tribunale di Torino una moratoria di sei mesi. La perdita complessiva superava i 15 milioni destinata a salire a 18 in sede fallimentare con oltre 3.000 clienti, per lo più contadini e piccoli risparmiatori, rimasti con poco o nulla in mano. La dichiarazione di fallimento della banca reca la data del 13 giugno 1927 ma si aprì poi la stagione dei processi. Il processo per il dissesto della Banca Popolare Italiana si avviò nel febbraio del 1930 con quindici imputati, due su tutti lo Zoccola e l'Arietto.
Numero del tribunale: TO 66/1918
Sede legale
Capitale sociale
Forma giuridica
Categoria bancaria
Fonti archivistiche
Autore: Geoffrey Pizzorni | Ultima modifica: 26 dicembre 2022