Data di costituzione: 1876
Data di fallimento: 11 maggio 1926
La Banca M. Garibaldi & C. viene fondata nel 1876 come società in nome collettivo, tra Maurizio Garibaldi, Giovanni Battista Beccaro e Pietro Fabre Repetto. La sede è a Porto Maurizio. Maurizio Garibaldi, che è anche imprenditore nel settore oleario, e Pietro Fabre Repetto hanno già svolto in precedenza, e separatamente, attività di operatori nel settore creditizio, almeno dal 1873, come si evince dalla 'Guida generale delle due provincie di Genova e Porto Maurizio (1873-1874)'. Pochi anni dopo, nel 1880, viene costituita la Banca M. Garibaldi & C., sempre società in nome collettivo, tra Maurizio Garibaldi, Maurizio Pagliano (nipote di Garibaldi) e Giovanni Battista Beccaro, attività che risulta essere la continuazione della precedente. Il 2 gennaio 1888 Maurizio Garibaldi (1815-1889) si ritira dagli affari per motivi di salute, autorizzando la continuazione della denominazione M. Garibaldi & C. anche dopo il suo decesso, per non intralciare gli affari della banca.
Il 17 agosto 1895 vi è lo scioglimento della banca, correlato alle perdite subite dalla ditta a seguito del fallimento della Banca F.lli Bingen di Genova, con la quale era in affari. Successivamente, nello stesso anno, il 3 settembre 1895 viene costituita la Banca M. Garibaldi & C., sotto forma di società in accomandita semplice, fra i fratelli Maurizio e Francesco Pagliano, soci accomandatari e Giovanni Battista Beccaro, socio accomandante.
Fra la fine dell’Ottocento e la Prima guerra mondiale la Banca Garibaldi gode di grande reputazione e fiducia presso il pubblico dei risparmiatori e degli investitori, che hanno nella banca un riferimento per le loro attività e i loro risparmi.
Nel 1914 gli amministratori della Banca sono tutti appatenenti alla famiglia Pagliano: Maurizio Pagliano fu Eugenio; Eugenio Pagliano di Maurizio; Paolo Pagliano di Maurizio; Francesco Pagliano fu Eugenio; Maurizio Pagliano di Francesco.
Dai primi anni Venti, con la malattia dell’anziano Maurizio e con la morte di Francesco e di suo figlio Maurizio (avvenuta in guerra), la conduzione della banca rimane nelle mani di Eugenio e Paolo (figli dell'anziano Maurizio). La loro gestione, però, non si mostra in linea con quella dei due decenni precedenti, essendo piuttosto pronta a cavalcare speculazioni e addirittura con l’impiego di fondi sociali per fini privati (regali, feste, acquisto automobili, viaggi). Nonostante questo, la stampa coeva, e autorevoli fonti di ambito creditizio fra cui il direttore della filiale di Imperia della Banca d’Italia, sono inclini a sostenere la solidità della Banca, che ènuna vera e propria istituzione di riferimento nel Ponente ligure, alle cui sorti sono legati molti imprenditori e famiglie di risparmiatori. Nel 1925 ha inizio una vera e propria emorragia nei depositi, che però viene tenuta il più possibile nascosta. Nel 1926 gli amministratori della Banca M. Garibaldi & C. avanzano richiesta di concordato al Tribunale di Sanremo (11 aprile 1926), ma ormai la situazione è deteriorata. Si pensi che la banca, in quell’anno ha ancora un volume d’affari di oltre 200.000.000 di lire. L'11 maggio 1926 il Tribunale apre la procedura fallimentare, autorizzando verifiche e controlli contabili e amministrativi a partire dalla documentazione del 1923. Il crac della Banca M. Garibaldi & C. colpisce sia il gran numero di depositanti, che perdono gran parte dei propri risparmi, sia l’intero tessuto economico del territorio già provato degli anni della guerra e, di suo, più arretrato di altre aree del Nord ovest. Il collasso della banca porta con se altri fallimenti che coinvolgono ditte oleariie, matallurgiche, edili e del piccolo commercio, diffuse nell’intero ponente ligure, da Finale fino a Ventimiglia.
Per dare un’idea precisa del radicamento territoriale della Banca, dalla relazione del curatore fallimentare, rag. Angelo Cortinois, oltre alla sede di Porto Maurizio, si evince che Banca M. Garibaldi & C. ha quattordici filiali distribuite su due province: Alassio, Albenga, Arma di Taggia, Bordighera, Calizzano, Dolceacqua, Finalmarina, Loano, Oneglia, Pietra Ligure, Pieve di Teco, Sanremo, Taggia, Ventimiglia. Il totale dei dipendenti al momento del fallimento è di circa 190 elementi. Nell’aprile 1928 si apre – con grande eco sui giornali anche nazionali – il processo contro gli amministratori della Banca Garibaldi. Tale processo si conclude dopo poche settimane, il 3 maggio 1928, con la condanna di Eugenio Pagliano a 12 anni e 8 mesi per appropriazione indebita, truffa, bancarotta fraudolenta, di Paolo Pagliano a 8 anni e 8 mesi per gli stessi capi di imputazione, di Ludovico Pagliano a 4 anni e 8 mesi per correità in appropriazione indebita, mentre l’anziano Maurizio Pagliano e il direttore della filiale di Imperia della Banca d’Italia Umberto de Alessandri sono assolti.
La comunicazione di chiusura del fallimento è tuttavia di parecchi anni dopo: 27 dicembre 1940.
Sede legale
Capitale sociale
Forma giuridica
Categoria bancaria
Fonti archivistiche
Fonti bibliografiche
Autore: Luciano Maffi | Ultima modifica: 30 dicembre 2022