Data di costituzione: 29 gennaio 1863
Data di incorporazione: 1889
La Banca di Credito italiano (capitale nominale 60 milioni, di cui però solo 20 sottoscritti) ha sede a Torino, ma con la previsione di essere trasferita “in qualunque altra Città che diventasse la capitale d’Italia” (art. 4 dello Statuto). A sottoscriverne il capitale concorrono soprattutto capitali francesi e torinesi (tra questi ultimi, i banchieri Bolmida e Barbaroux), ma anche di altre città italiane. La natura composita del suo azionariato è alla base della creazione a Parigi – a fianco del Consiglio di amministrazione operante a Torino – di un Comitato con potere di intervento negli affari non correnti. La prima tipologia di operazioni prevista dallo Statuto (art. 5) consiste “nel sottoscrivere o nell’acquistare effetti pubblici, azioni e obbligazioni nelle diverse imprese industriali o di credito costituite in Società anonima, e principalmente in quelle di strade ferrate, di canali d’irrigazione e di dissodamento, e di altri lavori pubblici”. In effetti, la Banca nasce sul modello del credito mobiliare transalpino per sostenere un affare ferroviario, ossia la creazione della seconda grande compagnia italiana, quella delle nuove Ferrovie Romane, costituita dalla fusione della precedente società francese, autorizzata nel 1856 dal governo Pontificio con le tre compagnie ferroviarie toscane. L'unione fra i capitalisti toscani e francesi del Crédit Industriel et Commercial, che controlla la compagine azionaria delle romane, è in realtà la fusione fra quattro società deboli, dotate di capitali insufficienti, il cui unico progetto è il reperimento di fondi tramite l'emissione di obbligazioni da riservare in gran parte al mercato finanziario francese. In pochi mesi, l’inversione della congiuntura sul mercato finanziario e le crescenti difficoltà del mercato creditizio italiano, rendono sempre più onerosa l'emissione di obbligazioni, fino a farla cessare dopo la proclamazione del corso forzoso nel 1866. Incapace di rispettare gli impegni presi, le Ferrovie Romane si trascinano per oltre dieci anni in una precaria esistenza. A causa della debolezza dell'affare ferroviario, la Banca di Credito Italiano rimane bloccata fin dal momento della sua fondazione, con un capitale versato esiguo, che la dirigenza non pensa mai di incrementare. Rimane quindi un istituto di dimensioni minori, privo di un suo centro d'azione, con una scarsa raccolta e impegnato in pochi grandi affari. Il ritiro degli azionisti francesi dopo alcuni anni provoca un inevitabile declino, risolto con una riduzione del capitale sociale da 20 a 5 milioni nel 1878, e lo spostamento della sede da Firenze – dove si era trasferita a metà degli anni Sessanta – a Milano nel 1875. Svolge negli anni Ottanta un’attività di tipo immobiliare a Milano e Roma, fino alla fusione con il Credito Mobiliare, deliberata nel 1889.
Numero del tribunale: MI 52
Sede legale
Capitale sociale
Forma giuridica
Categoria bancaria
Fonti archivistiche
Fonti bibliografiche
Autore: Enrico Berbenni | Ultima modifica: 12 aprile 2024